Solitamente cerco di dar vita alle mie immagini, ma in questo caso il silenzio assordante trasportato dal vento congela il mio cuore.
Il primo campo di concentramento che ho visitato è stato quello di Dachau, poi Auschwitz e Birkenau, e la sensazione è stata sempre la medesima.
Attraverso i binari arrivo fino al cancello dove si legge la scritta Arbeit Macht Frei…l’hai sempre letta in tutti i libri ma toccare quel metallo è come bruciarsi le mani.
Una volta entrato, nonostante i selfie irrispettosi di qualche turista, il silenzio ti isola: ogni scatto era un ritorno a quel passato che non dobbiamo lasciare andare via.
Non è difficile immaginare le urla, i passi, i pianti, gli odori acri e il freddo, ma ciò che più mi ha stretto il cuore è stato vedere le camere a gas intatte e illuminate da una debole luce, che quasi sembravano non avessero mai smesso di funzionare…